BUILT/UNBUILT a Palazzo Diedo
- teodorare
- 26 set
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 4 nov
Il Continuum Pedagogico del Padiglione dell’ Arabia Saudita alla 19ª Biennale di Architettura di Venezia
Material Ecologies – Material Heritage and Rituals of Mitigation, Repair, and Reuse si inserisce all’interno del programma pubblico di The Um Slaim School, curato da Beatrice Leanza e co-condotto da Maryam AlNoaimi, parte integrante della partecipazione dell’Arabia Saudita alla 19ª Biennale Internazionale di Architettura di Venezia (maggio-novembre 2025). L’iniziativa, tenutasi a Palazzo Diedo il 27 e 28 settembre 2025, esprime una riflessione critica e poetica sulle relazioni complesse tra cultura, ambiente e architettura contemporanea, proponendo uno sguardo profondo e interdisciplinare sulla materialità come veicolo di memoria, politica e rigenerazione.

The Um Slaim School rappresenta una piattaforma pedagogica innovativa che ambisce a ridefinire l’educazione architettonica nella contemporaneità attraverso pratiche relazionali, partecipative e ancorate a specifici contesti territoriali, e costituisce un modello sperimentale di come architettura, ricerca e insegnamento possano convergere in un processo co-creativo e generativo. BUILT/UNBUILT, il programma pubblico che scandisce le attività a Venezia, promuove una ridefinizione radicale dei paradigmi educativi e delle pratiche spaziali partecipative, mirando a coltivare saperi situati e una pedagogia che agisce come vettore di trasformazione civica e culturale, fondata su un eco-sociale immaginario di reciprocità e sostenibilità.
Material Ecologies narra il patrimonio materiale non più come un retaggio da conservare ma come “materiali parlanti”, agenti attivi inseriti in ecologie articolate di storie, saperi e pratiche di cura, mitigazione, riparazione e riuso. Le sessioni tematiche svolte in Palazzo Diedo articolano un discorso vivo e plurale sulla materialità, intesa non come semplice sostanza ma come sistema dinamico che intreccia relazioni di tipo affettivo, ecologico e storico, contrastando la mercificazione e l’alienazione tipiche della produzione industrializzata e globalizzata dell’ambiente costruito.
Il laboratorio “The City as Quarry”, condotto da Studio Ossidiana, approfondisce questa visione proponendo di considerare la città e il territorio come cave che accumulano materiali vivi e potenziali, superando un’idea riduttiva e lineare dello sfruttamento delle risorse. Qui materiale e lavoro si intrecciano con migrazione, scala e astrazione per immaginare modalità di progettazione che riconciliano cultura materiale e innovazione, contestualizzate in un’area come Riyadh dove convivono tradizione e modernità estrema.
Il dialogo tra pratiche vernacolari e contemporanee si arricchisce grazie ai contributi di figure di spicco come Latifa Alkhayat, Mohammad Alfaraj, Collective for Architecture Lebanon, Jia Yi Gu, Studio Eidola, Studio Raw Material e Studio Saffar, i quali offrono una pluralità di prospettive da metodologie indigene e narrazioni craft-based a sperimentazioni con materiali marginali o residui industriali, configurando una rete globale di saperi dialoganti con specificità locali.
Le sessioni pubbliche di Material Ecologies si dipanano in tre momenti fondamentali: “Situated”, che mette in luce la radicata specificità geografica e culturale dei materiali; “Animated”, che esamina la materia come processo e agente vivente nelle pratiche progettuali ed educative; “Connective”, che evidenzia le relazioni intergenerazionali, ecologiche e sociali generate dalla materialità. Questo percorso evidenzia come il patrimonio materiale diventi rituale condiviso, negoziazione e prassi di resistenza culturale, contribuendo a ripensare l’architettura come sistema vivente e integrato.
In conclusione, Material Ecologies e The Um Slaim School costituiscono un imprescindibile laboratorio intellettuale e operativo per immaginare un’architettura che non solo rispetta e rigenera l’ambiente, ma che rimette al centro la cura della materia come atto politico e culturale, opponendosi ai modelli consumistici e aprendo spazi per un futuro in cui architettura, ambiente e società si rigenerano fondandosi su pratiche di conoscenza situata, partecipazione e co-creazione.
Redazione











