Otello Scatolini, Armonia 5.0. Allorché di due farete uno
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La Mostra di Otello Scatolini intitolata Otello Scatolini, Armonia 5.0. Allorché di due farete uno, a cura di Claudio Strinati, presente dal 12 novembre al 3 gennaio 2026 al Mattatoio di Roma (padiglione 9/b) svela un universo artistico in cui l’eleganza delle forme non è solo una questione di bellezza superficiale, ma una dimensione profonda che scaturisce da un dialogo intimo tra l’artista e la materia. Le figure di Scatolini, scolpite o dipinte, sembrano vibrare di una sensualità sottile, che non urla, ma sussurra, accarezzando lo sguardo di chi le osserva con attenzione. Ogni curva, ogni piega, ogni volume sembra essere il frutto di un pensiero meditato e raffinato, come se l'artista avesse voluto imprigionare l’essenza di una visione intima, quasi personale, della bellezza.
Le sculture, in particolare, portano con sé una grazia che sfida la massiccia consistenza dei materiali. Il marmo, tradizionale e solido, sembra trasformarsi sotto le mani di Scatolini, prendendo vita in forme eleganti, aggraziate e sottilmente sensuali. La superficie lucida e levigata del marmo si fonde con la resina e altri materiali che aggiungono una dimensione di leggerezza, facendo emergere una sensualità che non è mai forzata, ma sempre fluida e naturale. Le figure si distendono nello spazio come se fossero sospese in un movimento che sta per prendere vita. Non sono statiche; raccontano una storia, una tensione interiore che sembra respirare attraverso le forme, come se ogni scultura fosse una prolungata carezza della materia.
L’androgino, una delle opere principali della mostra, incarna questa visione di eleganza e sensualità. La figura, che sfida le convenzioni tradizionali di maschile e femminile, è rappresentata in una postura che suggerisce un equilibrio perfetto tra forza e delicatezza, tra il visibile e l’invisibile. Le linee del corpo sono fluide, quasi evanescenti, come se l’essere non fosse del tutto umano, ma appartenesse a un mondo superiore, astratto, dove l’armonia non è solo una questione di proporzioni, ma di essenza. In quest'opera, l’eleganza è un atto di fusione tra le opposizioni, tra il corpo e l'anima, tra l’uomo e il cosmo.
In molte delle sue tele, Scatolini traduce questa stessa sensualità attraverso un uso più sottile della pittura. Le sue composizioni, che talvolta giocano con una scrittura criptica, sono impregnate di una visione intimista. La scrittura stessa, che appare come un segno evanescente e quasi illeggibile, si fa simbolo di una riflessione silenziosa, di un pensiero che sussurra invece di gridare. L’oro e il piombo che si intrecciano sulla tela non sono solo materiali, ma veicoli di una sensazione di purezza e sacralità, che conferiscono alle opere un senso di intimità quasi spirituale. C'è qualcosa di estremamente sensuale nel modo in cui questi materiali sembrano parlare, suggerire, invitare alla contemplazione, senza mai imporsi con prepotenza.
Questa sensualità non è mai volgare, ma si manifesta in una delicatezza che affiora nei dettagli, nelle proporzioni, nel modo in cui la luce gioca sulle superfici delle sculture e delle tele. Ogni figura, ogni forma, è come un respiro che si fa arte. La superficie, levigata con cura, invita lo spettatore a entrare in un rapporto diretto e sensoriale con l'opera, quasi come se l’arte fosse in grado di comunicare emozioni attraverso il tatto, non solo attraverso lo sguardo.
In quest’ottica, l’eleganza delle figure di Otello Scatolini si fa simbolo di una ricerca profonda, di una visione intima e sensuale del mondo. Le sue opere non sono solo oggetti estetici, ma forme che parlano di un’esistenza vissuta in sintonia con la materia, di un gesto artistico che, nel suo silenzioso fluire, rivela la bellezza nascosta nelle cose, quella che solo un occhio sensibile può cogliere.
Isabelle Rougeot















