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Il Salone dell’Artigianato di Venezia tra Tradizione e Innovazione

  • teodorare
  • 1 ott
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 4 nov

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Il Salone dell’Artigianato di Venezia, conclusosi domenica 5 ottobre, si conferma come un evento in progressiva ascesa, capace di evocare l’antica vocazione della città come scrigno di saperi e tradizioni raffinate, vivificata da un autentico impulso innovativo. Questa edizione ha fatto registrare un incremento significativo sia degli espositori sia dei visitatori, evidenziando nel contempo un approccio rigenerato all’artigianato contemporaneo, capace di instaurare un dialogo fertile con le tendenze più avanzate del design.

L’atmosfera vibrava di un entusiasmo intellettuale e di una tensione creativa che riflettevano il rinnovato interesse per le arti manuali, intrecciate a forme espressive e progettuali contemporanee di grande rilievo. Sebbene molte proposte si distinguessero per qualità e originalità, non sono mancati limiti organizzativi, in particolare nella gestione degli spazi e dei tempi espositivi, che hanno talvolta compromesso un’esperienza di visita pienamente soddisfacente. Tali criticità, tuttavia, rappresentano un’indicazione preziosa per un necessario affinamento delle future edizioni, al fine di consolidare il Salone come un punto di riferimento autorevole nel panorama internazionale dell’arte e dell’artigianato.

Tra le espressioni più significative emergono le installazioni di Patrizia Polose, che coniugano metallo e tessile in affascinanti narrazioni scultoree, dando vita a ampi arazzi collettivi in cui si manifesta una forte dimensione collaborativa e sociale dell’arte tessile. Di particolare rilievo sono inoltre le sperimentazioni della gioielleria Ha.MA., che utilizza materiali inconsueti, come il marmo di Carrara, per dar vita a creazioni inedite e sorprendenti. Cristina Busbinelli, attraverso lavori tessili realizzati con materiali riciclati, rievoca la poetica dell’arte povera; Wolderalia indaga il tema della persistenza e trasformazione degli oggetti nel tempo, recuperando antiche fotocamere e trasformandole in portalampade che assumono nuove identità. La Bosa coinvolge un gruppo di artisti di rilievo, tra cui Marc Sadler, Jaime Hayon e Manolo Bossi, in opere ceramiche di forte impatto, frutto di una sperimentazione capace di sovvertire convenzioni e schemi consolidati. Chiude il quadro Chameleon Minimalism Design, che con un design essenziale ed elegante fonde forma e materia in un equilibrio sobrio e raffinato, creando opere che richiamano un’atmosfera delicata e fiabesca.

L’edizione 2025 si caratterizza per il suo contributo a un dialogo intenso tra passato e futuro, tradizione e avanguardia. La fusione di antiche tecniche con radicali interpretazioni contemporanee supera i confini consueti dell’artigianato, elevando la sapienza manuale a autentica forma di espressione artistica autonoma. In quest’ottica, la manifestazione si configura come un luogo di incontro e di scambio culturale, capace di valorizzare una pluralità di approcci che, pur radicati in un rigoroso patrimonio storico, non rinunciano a proiettarsi verso le sfide creative del presente.

In conclusione, sebbene ancora lontano dalla maturità qualitativa di manifestazioni di prestigio internazionale, come il Salone milanese, il Salone veneziano rivela una traiettoria di crescita solida e promettente. L’auspicio è che si superino le attuali difficoltà gestionali, affinché possa confermarsi come un incubatore di tendenze e innovazione, rafforzando il ruolo di Venezia come epicentro dell’artigianato contemporaneo, promotore di un dialogo sempre più stretto tra arte, design e sostenibilità.


Efthalia Rentetzi

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