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Vedova e Tintoretto a Torino. Una promessa di dialogo non mantenuta

  • teodorare
  • 17 set
  • Tempo di lettura: 3 min
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L’esposizione torinese che mette a confronto le opere di Jacopo Tintoretto e Emilio Vedova a Palazzo Madama (dal 19 settembre 2025 al 12 gennaio 2026), nasce con l’ambizioso intento di creare un dialogo tra due figure centrali della pittura veneziana, separate da secoli ma legate da un comune spirito di innovazione e intensità emotiva. Tintoretto, maestro del Rinascimento, rivoluzionò la pittura con la sua luce dinamica e il movimento travolgente, portando il sacro e il profano a un livello di drammaticità; Vedova, a sua volta, figlio del tumultuoso XX secolo, si confronta con l'arte informale e gestuale, dando voce a un linguaggio crudo, in cui il colore e la materia diventano espressioni dirette di una realtà lacerata e di una dissonanza esistenziale.

La connessione tra i due artisti non è solo cronologica ma anche stilistica: Vedova, come ha dichiarato più volte, ha trovato in Tintoretto uno dei riferimenti principali della sua ricerca. La forza drammatica dei suoi dipinti e la capacità di restituire il conflitto attraverso il gesto e la luce sono aspetti che Vedova ha voluto riprendere e rielaborare, soprattutto nelle sue composizioni energetiche, che fanno della materia e del segno pittorico una forma di lotta continua. Un collegamento, dunque, che affonda le radici nella tradizione veneziana, ma che si estende in un dialogo tra passato e presente, tra l’intensità visiva del Cinquecento e la tensione espressiva del Novecento.

Tuttavia, nonostante queste premesse stimolanti, la mostra non è riuscita a realizzare un vero confronto tra le due poetiche. L’allestimento, a cura di Gabriella Belli e Giovanni Carlo Federico Villa, si limita a un accostamento di opere senza sviluppare quella tensione dialettica che avrebbe potuto offrire un'esperienza davvero arricchente. Il dialogo tra Tintoretto e Vedova appare frammentato e mancante di profondità. Un esempio che evidenzia questa lacuna è l’assenza di un confronto diretto tra il lavoro di Tintoretto e quello di Vedova. Un caso emblematico riguarda il pastello di Tintoretto, "Interpretazione del trasporto di San Marco", che riproduce una delle celebri tele del pittore presente nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Questo pastello, che ripropone la celebre scena sacra con un’interpretazione estremamente dinamica e viscerale, avrebbe potuto rappresentare il punto di raccordo perfetto tra la luce esplosiva di Tintoretto e la matericità gestuale di Vedova. La sua presenza nella mostra sarebbe stata fondamentale per stabilire un parallelo tra la forza luminosa di Tintoretto e il tumulto cromatico e gestuale di Vedova, ma, purtroppo, tale confronto non è stato allestito.

In generale, la struttura dell'esposizione non sembra aver voluto portare avanti un’interazione mirata tra i due artisti, lasciando le opere di Tintoretto e Vedova in una sorta di separazione che non valorizza il loro dialogo interno. Le opere, pur nella loro grandezza, appaiono scollegate l’una dall’altra, e la tensione che avrebbe dovuto emergere dal confronto tra questi due spiriti veneziani sembra smorzata dalla mancanza di un’intenzione curatoriale che sappia orchestrare un vero e proprio scambio visivo e concettuale.

Il risultato è una mostra che, pur presentando due dei più grandi protagonisti della storia dell'arte veneziana, non riesce a cogliere appieno le opportunità di un confronto più mirato, più riflessivo e più dialogico. L'assenza di scelte espositive più articolate e più coraggiose, come il mancato inserimento del pastello di Tintoretto, evidenzia il limite di una curatela che non ha saputo esprimere appieno la ricchezza del confronto tra due visioni artistiche così potenti e contrastanti.


Efthalia Rentetzi

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